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L’AMBIENTE URBANO

La biosfera si può considerare costituita da due ambienti con caratteristiche radicalmente opposte e fra loro complementari: l’ambiente naturale e quello umano. Il primo è un prodotto naturale, risultato di un lungo processo evolutivo spontaneo che si è protratto nel corso di ere geologiche. Un processo che a partire dal mondo minerale ha generato la vita, quindi anche la specie umana. Questa, per quasi tutto il tempo della sua esistenza, ha fatto indiscutibilmente parte dell’ambiente naturale. Ma, in tempi – geologicamente parlando – recentissimi, si è prodotto un fenomeno senza precedenti. Cioè, se è vero che ogni specie interagisce con l’ambiente circostante venendone modificata e modificandolo a sua volta, è anche vero che finora queste influenze sono state significative solo considerando la vita nel suo insieme come un tutto opposto al mondo minerale e non dal punto di vista di una sola specie (quella umana). La specie umana, a cominciare da un certo momento (che può essere collocato tra la nascita dell’agricoltura e l’inizio del tempo storico) ha intrapreso la creazione un ambiente proprio, il cui paradigma è l’ambiente urbano, e, partendo da esso, ha progressivamente trasformato il mondo naturale fino ad assorbirlo progressivamente nella sua sfera d’azione.
Così tutto il pianeta oggi tende ad essere inglobato nell’ambiente umano in due forme fondamentali: città e campagna, ambienti strettamente connessi fra di loro al punto che nelle aree più evolute è sempre più difficile definirne la linea di confine.
Al di là dell’ambiente umano vi è quello naturale, ormai limitato sempre più agli oceani, ai deserti, alle montagne, a foreste sempre più ridotte, aree peraltro sempre più segnate dalla presenza umana. Attualmente questo sviluppo è arrivato ad un punto tale da presentare come problema la limitatezza delle risorse che il pianeta pone a disposizione delle specie umana e dall’altra le condizioni stesse della sua abitabilità, dato che questo sviluppo è giunto ad punto tale da modificare la temperatura, lo strato protettivo di ozono, la purezza delle acque e dell’aria, etc. Possiamo quindi definire una prima classificazione degli ambienti: ambiente naturale e ambiente umano. Quest’ultimo si può immediatamente suddividere in due altri: l’ ambiente agricolo o campagna, e ambiente urbano o città. Qui verrà sviluppata una ulteriore classificazione dell’ambiente urbano in sottoambienti più specifici.

SOTTOAMBIENTI URBANI

E’ necessario definire un criterio di classificazione per questi ambienti, che sarà quello del grado di antropizzazione di un territorio, definita come il grado di modificazione che questo ha subito a causa dell’azione umana. A tal fine notiamo che gli oggetti artificiali sono costituiti da elementi naturali trasformati, direttamente o indirettamente attraverso processi naturali predisposti dall’uomo (in ciò sta l’ essenza del lavoro), che divengono così oggetti utili. Questa definizione ha due conseguenze.
In primo luogo fra i prodotti del lavoro vi sono gli oggetti derivanti dal consumo individuale degli oggetti utili (in realtà è il consumo che definisce il carattere utile di un oggetto), e quelli risultanti dal consumo produttivo degli elementi naturali nel processo di lavoro, che appaiono suo sottoprodotto. Tutti questi oggetti costituiscono le scorie o rifiuti, che sono parte integrante dell’ambiente umano come elemento negativo in quanto se non adeguatamente trattati generano disutilità, cioè inquinamento. Quindi vi sono due modi di utilizzazione dell’ambiente naturale, (1) come utilità, cioè come produzione di beni utili fruibili; (2) come disutilità, cioè produzione di rifiuti.
In secondo luogo occorre notare che le piante coltivate non sono elementi naturali, ma costituiscono dei manufatti al pari di un computer, in quanto prodotti del lavoro. Quindi nella sfera della vita (elementi biotici) occorre distinguere tra elementi prodotti, cioè piante coltivate (prodotti biotici), che fan parte del mondo umano, e piante spontanee (elementi biotici spontanei) Naturalmente la presenza delle prime favorisce l’installazione spontanea delle seconde. Però si tratta di elementi appartenenti a due mondi diversi.
Di conseguenza abbiamo una definizione univoca degli ambienti fondamentali.
Ambiente naturale: spontaneo
Ambiente umano: prodotto umano
Ambiente urbano: ambiente umano in cui prevalgono i manufatti abiotici
Ambiente agricolo: ambiente umano in cui prevalgono i manufatti biotici
Inoltre, considerando qui in prima approssimazione il solo terreno (tralasciando quindi aria, acqua e sottosuolo) e come elementi naturali solo quelli appartenenti al regno vegetale, abbiamo ora tre criteri quantitativi per valutare l’antropizzazione di un ambiente.
In primo luogo vi è un fattore temporale che definisce la fase di transizione nel passaggio di un terreno dall’ambiente naturale a quello umano:
- prospettiva di utilizzazione: definitiva, provvisoria o assente.
Poi vi è il fattore quantitativo relativo alla superficie occupata dai manufatti
presenza umana in rapporto a quella biotica, sia quella prodotta che quella spontanea;
- utilizzazione quantitativa del terreno: parziale o totale (parametro: percentuale di superficie occupata);
Infine la presenza degli scarti:
- utilizzazione qualitativa: grado di inquinamento del terreno (parametro: densità dei rifiuti).

I sottoambienti urbani, ordinati secondo la utilizzazione quantitativa, sono i seguenti:
(1) utilizzazione definitiva:
strade (piazze, viali)
marciapiedi
edifici (tetti, balconi, terrazze)
aiuole spartitraffico
giardini, parchi
(2) utilizzazione provvisoria:
parcheggi, strade in disuso
costruzioni abusive
accampamenti (abusivi o camping autorizzati)
edifici abbandonati
discariche
orti urbani
terreni incolti
(3) terreni inutilizzabili
rive degli specchi d’acqua
scarpate dei terrapieni
sedi di binari

DESCRIZIONE SOMMARIA

(1) Utilizzazione definitiva

(1.1) Strade, piazze, viali

Presenza umana. Carreggiata ricoperta di asfalto, lastre di pietra (selciato): Elementi caratteristici: rotaie, segnali stradali (strisce pedonali, linee spartitraffico, frecce, stop, etc), lastre metalliche che ricoprono pozzi che alludono a strutture sotterranee (fognature, condutture per acqua, luce, gas, telefono).
La presenza di rifiuti è solo in traccie, salvo ai margini: il movimento stesso trascina i pochi rifiuti esistenti ai margini e si evita di lasciare sulla carreggiata rifiuti voluminosi che potrebbero provocare incidenti.
Presenza biotica quasi del tutto assente, tranne che ai margini. Fanno eccezione i viali, dove alberi e siepi, in quanto elementi prodotti hanno il loro spazio (ma le siepi tendono a scomparire). Naturalmente ciò favorisce l’installazione di una presenza naturale spontanea, spesso rilevante.
Conclusione: grado di antropizzazione elevato.

(1.2) Marciapiede

La copertura appare simile a quella stradale, ma qui dove minore è il calpestio incominciano a comparire elementi naturali spontanei, nelle connessioni del selciato, nelle spaccature dell’asfalto, sul confine con la strada e soprattutto al margine con gli edifici. Questa presenza è accentuata quando l’area è prospiciente una zona con forte presenza naturale (un giardino, un incolto). Questa presenza naturale è considerata antiestetica o persino dannosa, in quanto si hanno frequenti interventi di bonifica (spesso anche di danneggiamento gratuito della vegetazione: fitofobia ?). Per cui nelle vie del centro la presenza naturale è del tutto assente.
Incomincia anche a manifestarsi la presenza di rifiuti: mozziconi di sigaretta, pacchetti vuoti delle stesse, cartacce, spesso bottiglie vuote ironicamente appoggiate in un angolo o sulle cornici degli edifici, sacchetti di plastica. Questa tipologia costituisce la parte di gran lunga maggiore dell’inquinamento solido urbano. Ma l’ inquinamento è limitato, poiché si provvede alacremente alla rimozione, sia i privati (commercianti e, quando ancora esistevano, i portinai) che gli addetti alla la nettezza urbana. Un caso a sé è costituito dai rifiuti domestici abbandonati accanto ai cassonetti della raccolta rifiuti organizzata.

(1.3) Edifici

Costituiscono i siti di massima antropizzazione, soprattutto in rapporto non solo alla superficie occupata ma anche al volume. Ma non mancano le presenze naturali: erbe spontanee sulle grondaie, nei cortili e ai margini con i marciapiedi. E vi si trova una presenza naturale umana nei giardini privati e dove questi mancano, nei condomini, frequenti sono i balconi fioriti dove la presenza naturale arriva ad estendersi sulle facciate con piante rampicanti aderenti ai muri o sospese ai balconi. I rifiuti sono assenti, in quanto vengono asportati in modo organizzato.

(1.4) Aiuole spartitraffico

Sito intermedio tra strada e giardino in quanto sovente vi sono collocate piante ornamentali o almeno un tappeto erboso. Diversamente dal giardino e dal marciapiede la presenza di rifiuti è in generale rilevante poiché vi portati dal vento o gettati dalle auto senza che nessuno li rimuova. Quindi benché lentamente tendono ad accumularsi senza che nessuno li rimuova. Inoltre, poiché tali siti sovente sono totalmente abbandonati, condividono con le oasi naturali il fatto che non vi transita nessuno, quindi gli elementi naturali spontanei ne possono prendere progressivamente possesso, sebbene siano esposti all’invasione dei rifiuti.

(2) Utilizzazione provvisoria

Hanno un destino duplice: come terreni incolti hanno il carattere di oasi naturali provvisorie, fino a quando non trovano un utilizzo definitivo. In questo lasso di tempo la natura ha il sopravvento e prende rapidamente possesso del terreno con una profusione sorprendente di presenze. Se la situazione dura nel tempo si può osservare la progressiva occupazione del suolo con la creazione in successione di ambienti favorevoli all’insediamento di essenze di dimensioni crescenti, da quelle erbacee, ai cespugli fino alle specie arboree.

In attesa di una utilizzazione definitiva nascono le utilizzazioni provvisorie, che iniziano con quelle occasionali: campi di calcio improvvisati, campi di bocce precari, luoghi per convegni amorosi, accampamenti di nomadi, parcheggi fino a pervenire a insediamenti più stabili, inizialmente abusivi, successivamente regolarizzati: campi sportivi, chioschi con pergolato, campeggi attrezzati, edifici permanenti, etc.
Si tratta di ambienti particolari, ciascuno con caratteristiche specifiche, che però hanno qualcosa in comune con gli ambienti dove l’utilizzazione è ormai definitiva:

(2.1) Parcheggi - strade. Infatti quelli provvisori sono spianate coperte di polvere ed erbacce, con forte presenza di rifiuti. Quelli definitivi sono asfaltati e puliti.
(2.2) orti urbani - campi coltivati della campagna
(2.3) costruzioni - edifici, ma quasi sempre incompleti, privi di intonaco, infissi instabili, assediati dalla vegetazione e dai rifiuti. Caso particolare sono gli accampamenti dei nomadi, che possono essere costituiti da baracche oppure da roulotte, nel qual caso condividono le caratteristiche del parcheggio. Altro caso particolare gli edifici abbandonati, che vengono invasi progressivamente da vegetazione spontanea, e divengono rifugio dei senzatetto, acquisendo così qualcosa sia dell’oasi naturale che dell’accampamento.
(2.4) le discariche. Quelle abusive sono un misto di rifiuti e di presenza biotica spontanea, che non sembra danneggiata dall’inquinamento e che se gli viene lasciato il tempo ricopre i rifiuti con un manto di vegetazione. Quelle autorizzate sono invece costituite da strato uniforme di rifiuti, veri depositi gestiti per lo smaltimento successivo. Ambiente completamente abiotico, ma nel quale sopravvivono presenze animali (gabbiani, ratti) e un tempo si aggiravano i recuperatori di rifiuti, ciò che oggi viene compiuto preventivamente con la raccolta differenziata mestiere oggi recuperato dagli extracomunitari che si aggirano tra i cassonetti o dai nuovi poveri.

(3) terreni inutilizzabili

(3,1) oasi naturali. Vi sono nell’ambiente cittadino siti non utilizzabili: specchi d’acqua e le loro rive, scarpate dei terrapieni, sedi di tranvie e ferrovie. Qui paradossalmente nasce una presenza naturale spontanea rigogliosa. Tuttavia tali siti sono in parte degradati dall’inquinamento cittadino (rifiuti, smog) e si hanno interventi di sfoltimento della vegetazione e rimozione dei rifiuti. La vegetazione non è quella dei siti analoghi della campagna, in quanto è costituita da un assortimento delle poche specie che riescono a sopravvivere nell’ambiente urbano.

APPLICAZIONE PRATICA

- Individuazione del Metro Quadro (MQ) Il MQ deve essere il più possibile tipico, cioè presentare le caratteristiche medie dell’ambiente da cui è tratta. L’ideale sarebbe procedere con un metodo statistico, cioè delimitare e rilevare un congruo numero di campioni scelti casualmente. Si può anche procedere più rapidamente con una scelta soggettiva che individui un MQ tipico dopo aver esplorato l’ambiente individuandone i caratteri fondamentali.

Misura dei parametri di antropizzazione (aspetto quantitativo)

- utilizzazione in relazione ai manufatti: superficie percentuale
(1)manufatti abiotici (edifici, strade, ecc.)
(2)manufatti biotici (parchi, giardini,ecc.)
- utilizzazione in relazione ad elementi spontanei: superficie percentuale
(3)elementi naturali
(4)individuazione specie presenti
- disutilità: numero di rifiuti per MQ

Indagine sull’elemento biotico animale

Trattandosi di ambiente urbano l’elemento di gran lunga preponderante è quello umano, cui si limita l’indagine. I dati raccolti sono altrettanti indizi che rimandano alla vita individuale e sociale di coloro che vivono sul territorio. Alcuni dei dati permettono deduzioni rigorose o almeno attendibili, altri rappresentano soltanto indizi di fatti accaduti su cui si possono fare solamente delle ipotesi, soprattutto quando si tratta di reperti eccezionali o addirittura unici (ad es. oggetti smarriti). Nel primo caso si usa una metodologia scientifica, nel secondo è più utile l’ immaginazione, dove la traccia diviene uno stimolo alla fantasia per costruire una storia più o meno immaginaria, ma che potrebbe anche essere accaduta realmente.In realtà il metodo è uno solo ed è al pari scientifico e intuitivo, come quello dell’ archeologo o del detective.

Settembre 2010 Valerio Bertello



progetto: "un metro quadrato di terreno"
www.databasebiodiversity.it